giovedì 12 febbraio 2015

Fatture a P.A. solo elettroniche


Ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza, a partire dal 6 giugno 2014, non possono più accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea. La stessa disposizione si applicherà, dal 31 marzo 2015, ai restanti enti nazionali e alle amministrazioni locali. Inoltre, a partire dai tre mesi successivi a queste date, le Pubbliche Amministrazioni (PA) non potranno procedere al pagamento, neppure parziale, fino all’invio del documento in forma elettronica.
L’obbligo di fatturazione in forma elettronica nei confronti delle Amministrazioni dello Stato è stato introdotto dalla legge Finanziaria 2008, che ha stabilito che la trasmissione delle fatture elettroniche deve essere effettuata attraverso il Sistema di Interscambio (SdI), sistema informatico di supporto al processo di ricezione e successivo inoltro delle fatture elettroniche alle amministrazioni destinatarie
Per tutte le operazioni correlate alla fatturazione elettronica, il contribuente può avvalersi di un intermediario, come il dottore commercialista.

Cos'è la Fattura Elettronica

E' una fattura emessa ai sensi dell'articolo 21, comma 1, del DPR 633/72 che ha le seguenti caratteristiche:
  • il contenuto è rappresentato, in un file XML (eXtensible Markup Language), secondo uno specifico formato. Questo formato è l'unico accettato dal Sistema di Interscambio; 
  • l'autenticità dell'origine e l'integrità del contenuto sono garantite tramite l'apposizione della firma elettronica qualificata di chi emette la fattura; 
  • la trasmissione è vincolata alla presenza del codice identificativo univoco dell'ufficio destinatario della fattura riportato nell'Indice delle Pubbliche Amministrazioni.
Soggetti interessati
Gli utenti coinvolti nel processo di fatturazione elettronica sono:
  • gli operatori economici, cioè i fornitori di beni e servizi verso le PA, obbligati alla compilazione/trasmissione delle fatture elettroniche e all’archiviazione sostitutiva prevista dalla legge; 
  • le Pubbliche Amministrazioni, che devono effettuare una serie di operazioni collegate alla ricezione della fattura elettronica;
  • gli intermediari (banche, Poste, altri intermediari finanziari, commercialisti, imprese ICT, altri), vale a dire soggetti terzi ai quali gli operatori economici possono rivolgersi per la compilazione/trasmissione della fattura elettronica e per l’archiviazione sostitutiva prevista dalla legge. Possono servirsi degli intermediari anche le PA per la ricezione del flusso elettronico dei dati e per l’archiviazione sostitutiva.
Fasi del processo
In sintesi, le operazioni che l’Operatore Economico deve svolgere sono:
  • Predisposizione della Fattura: ogni fattura, o lotto di fatture, costituisce, per il Sistema di Interscambio, un file predisposto secondo il formato della FatturaPA. Il singolo file, oppure più file singoli, possono essere racchiusi in un file compresso, in formato zip, cioè in un file archivio. Dopo aver preparato il file, esso deve essere “nominato” in maniera opportuna affinché possa essere accettato dal Sistema di Interscambio 
  • Firma della Fattura: ogni file FatturaPA trasmesso al Sistema di Interscambio deve essere firmato dal soggetto che emette la fattura tramite un certificato di firma qualificata. La firma è necessaria in quanto garantisce l’integrità delle informazioni contenute nella fattura e l’autenticità dell’emittente. Il Sistema di Interscambio ammette esclusivamente i formati di firma CAdES-BES (CMS Advanced Electronic Signatures) e XAdES-BES (XML Advanced Electronic Signatures); 
  • Inviare la Fattura: il file preparato, firmato e nominato nel rispetto delle regole previste, può essere inviato al Sistema di Interscambio da web, con Posta Elettronica Certificata (PEC) oppure tramite altri servizi (SDICoop, SDIFTP o SPCoop); 
  • Gestione delle ricevute: colui che emette o trasmette un file FatturaPA ha la possibilità di visionare tutti i file messaggio che documentano lo stato del proprio file presso il Sistema di Interscambio;
  • Conservazione sostitutiva: restando invariati eventuali obblighi di registrazione, la conservazione delle fatture elettroniche deve essere effettuata entro 15 giorni dal ricevimento o emissione e per 10 anni, nella medesima forma con cui la fattura elettronica è stata trasmessa. Le fatture PA sono corredate dalle ricevute di presa in carico e accettazione del Sistema di Interscambio (SDI), che è il sistema di Sogei che accentra le fatture elettroniche e le instrada verso le PA destinataria. Queste ricevute sono documenti informatici a valore legale e vanno conservate insieme alla fattura. Oltre a queste, nei casi in cui il colloquio con lo SDI avvenga a mezzo PEC, potrebbero esserci anche le ricevute del sistema di PEC da conservare insieme alla fattura. Si evidenzia però che l’obbligo formale di conservazione sostitutiva riguarda le fatture e non anche le notifiche.
Enrico Baù - Dottore Commercialista

venerdì 6 febbraio 2015

Residenza non trasferita per forza maggiore? Salvi i benefici prima casa



Il diritto alle agevolazioni afferenti alla prima casa segue un percorso preciso con riferimento ai requisiti fissati dalla legge per conservare i benefici previsti, pena l'accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate, che recupera le imposte risparmiate con aumento di interessi e sanzioni pecuniarie.
A tal proposito, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 19247 dell’11.09.2014, ha respinto il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate ed ha stabilito che il trasferimento tardivo nell'abitazione per la quale si è usufruito dei benefici fiscali come prima casa non comporta la decadenza dai benefici stessi quando ciò è dovuto ad eventi imprevedibili e successivi all'acquisto (nel caso di specie, il trasferimento è stato ritardato dalle abbondanti piogge, che hanno causato alcuni smottamenti ed hanno reso necessari lavori di consolidamento durati sette mesi).

mercoledì 14 gennaio 2015

Valore probatorio della constatazione amichevole



Il Tribunale di Verona, con la sentenza del 23.10.2014, ha ribadito il principio secondo cui le dichiarazioni contenute nel modulo di constatazione amichevole non hanno valore di piena prova circa la responsabilità del sinistro, ma devono essere liberamente apprezzate dal Giudice. Questo principio era già stato sancito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 10311 del 05.05.2006), la quale in quell’occasione aveva precisato che tali dichiarazioni costituiscono una mera presunzione semplice di responsabilità, nei cui confronti è sempre possibile dedurre in giudizio una prova contraria.

giovedì 18 dicembre 2014

Operazioni intracomunitarie: autorizzazioni con nuove regole

Per gli operatori economici che usualmente hanno rapporti con l'estero non si tratterà di una notizia sensazionale. Per chi invece raramente emette fatture verso un paese UE o, più comunemente, effettua di tanto in tanto un acquisto intracomunitario - magari approfitando dei più vantaggiosi prezzi talvolta praticati online - la modifica alla normativa in arrivo non va sottovalutata.
Mentre in precedenza occorreva attendere 30 giorni, dal 13.12.2014 il contribuente che ha appena aperto la partita IVA è abilitato ad effettuare le operazioni intraUE dal medesimo giorno di inizio attività, senza necessità di attendere di essere inseriti nello specifico elenco VIES; nè dovranno attendere il decorso dei 30 giorni quei soggetti già in attività che presentano apposita istanza all’Agenzia delle Entrate per essere autorizzati a porre in essere le predette operazioni.
Contestualmente è prevista la cancellazione dal VIES dei soggetti che per 4 trimestri consecutivi non hanno presentato modelli intrastat all'Agenzia delle Dogane, non avendo effettuato operazioni intracomunitarie. Se fino a qualche giorno fa la richiesta di essere inclusi nell'elenco VIES toglieva il pensiero della preventiva autorizzazione una volta per tutte, d'ora in poi occorrerà, ad esempio, tener ben presente la data in cui si è effettuato l'ultimo acquisto online nel sito internet di una società UE.
Se sarà passato un anno bisognerà nuovamente chiedere l'autorizzazione a poterlo fare.

Enrico Baù - Dottore Commercialista

venerdì 12 dicembre 2014

Terreni montani esenti IMU: ridotti i casi

Come noto, i terreni agricoli ricadenti in aree montane e di collina sono esenti da IMU. Lo prevede l’art. 7, comma 1, lett. h), D.Lgs. n. 504/92, normativa che valeva anche per la "vecchia" ICI. L'esclusione dall'applicazione dell'imposta ha portata rilevante per i contribuenti, considerato che l'elenco, contenuto nella Circolare Ministeriale n. 9 del 14.06.1993, comprende almeno tre quarti dei comuni italiani. 

Con il Decreto del 28.11.2014, il Ministero dell'Economia e Finanze (MEF) ha individuato un nuovo criterio di individuazione dei terreni agricoli montani e collinari, riducendo di fatto drasticamente il numero di Comuni interessati dall'esenzione da IMU.
Da più parti si è fatto osservare che la somma che si prevede di raccogliere, con l'IMU sui terreni agricoli fino ad ora esentati, serva a finanziare il fondo per l'erogazione dell'ormai noto bonus di 80 euro erogato ai lavoratori dipendenti, divenuto dal 2015 strutturale.
Il nuovo criterio per stabilire l'esenzione o meno da IMU si basa sull’altitudine al centro del Comune in cui il terreno agricolo è situato.

In particolare, sono ora esenti da IMU i terreni agricoli dei Comuni situati ad una altitudine pari o superiore:
  1. a 601 metri nella generalità dei casi;
  1. a 281 metri nei casi di terreni posseduti o condotti in affitto o comodato da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola.
Per individuare l’altitudine del Comune va fatto riferimento al file “Elenco comuni italiani” disponibile sul sito internet dell'ISTAT, tenendo conto di quanto riportato nella colonna “Altitudine del centro (metri)”.

Le nuove disposizioni sono applicabili già dal 2014 e si rende necessario versare l'IMU retroattivamente per i terreni agricoli che non sono più considerabili montani secondo i nuovi criteri.
 
Con la Risoluzione della Commissione Finanze della Camera n. 7-00542 del 10.12.2014 è stata annunciata l’imminente emanazione di uno specifico Decreto Legge che fisserà la data di pagamento al 26.01.2015, data entro la quale potrebbero tuttavia essere rivisti gli stessi criteri di applicazione dell'imposta.

Enrico Baù - Dottore Commercialista

lunedì 24 novembre 2014

Aprire subito partita IVA? Forse conviene



Sono opportune delle riflessioni in queste ultime settimane del 2014, da parte di chi sta progettando di mettersi in proprio avviando una piccola attività d'impresa o professionale. Perchè? La legge di Stabilità 2015 si appresta a modificare il regime ex art. 27, commi 1 e 2, D.L. n. 98/2011 noto come regime dei contribuenti minimi e ci potrebbe essere tutta la convenienza ad aprire la partita iva adesso, prima che sia troppo tardi.
Per capire di che cosa si sta parlando è meglio prima dare un'occhiata a questo precedente post Regime "minimi": restyling in arrivo, che descrive le novità in arrivo, seppure non siano ancora da considerarsi definitive. Sono stati nel frattempo proposti alcuni emendamenti alla norma, volti ad aumentare il limite di ricavi ammesso per talune attività, così come ad abbassare l’aliquota di tassazione del nuovo regime, per ora fissato al 15%.

Aliquota di tassazione
Prima brutta notizia: l'aliquota di tassazione passerà dal 5% al 15%.
E' vero, il nuovo regime dei minimi 2015 è applicabile a tempo indeterminato e non più con limitazioni temporali (primi 5 anni e comunque fino al raggiungimento dei 35 anni per gli under 30), ma la norme in arrivo prevedono che un contribuente nel regime dei minimi prima del 01/01/2015 possa passare al nuovo regime, da subito o anche dopo che avrà abbandonato il precedente regime dei minimi applicato. Passare al nuovo regime significa assoggettare il reddito all'aliquota del 15%, rinunciando alla tassazione al 5% prevista per l’attuale regime ancora per poco applicabile. Aprendo partita iva subito si "prenota" un'aliquota più conveniente per qualche anno.

Professionisti penalizzati
Se l'attuale regime dei minimi fissa l'asticella dei ricavi massimi ammessi a 30 mila Euro l'anno per tutte le tipologie di attività svolta, il nuovo regime diversificherà i limiti sulla base delle diverse attività svolte (codici attività ATECO), riservando ai professionisti il più basso di questa batteria di massimali, appena 15 mila (salvo ripensamenti). Inoltre, il nuovo regime 2015 prevede l'esclusione dal versamento dei contributi previdenziali fissi per le attività di impresa iscrivibili alla gestione artigiani o commercianti Inps, mentre nessuna simile agevolazione potrà essere riservata a chi deve iscriversi ad una cassa professionale (iscritti ad albi e ordini).

Agevolazione per i giovani o per i secondi lavori?
Parliamoci chiaro. Chi più spesso si avvale dell’attuale regime dei contribuenti minimi sono i giovani ai primi passi nel mondo del lavoro. In due casi su tre si tratta di soggetti con meno di 35 anni e per lo più professionisti, informatici, venditori, agenti e altri piccoli artigiani, che molto spesso non hanno un grande giro d'affari. Soggetti in età più avanzata, nei casi in cui non abbiano la partita iva per un secondo lavoro ma per l'unica attività lavorativa, spesso non hanno neppure convenienza ad applicare questo regime, soprattutto perchè hanno già casa e famiglia e risulta per loro più conveniente abbandonare il regime dei minimi per poter beneficiare delle detrazioni per interessi sul mutuo, per i carichi familiari, le spese di istruzione dei figli, le spese sanitarie: benefici preclusi ai contribuenti minimi se non anche contemporaneamente titolari di altri redditi (per es. da lavoro dipendente). Va in ogni caso considerato che per redditi inferiori a 15-20 mila euro, l'ordinario sistema di tassazione italiano, fondato sulla progressività d'imposta, prevede aliquote effettive di tassazione che si aggireranno con tutta probabilità sui livelli del regime che si va introducendo (15%). Forse per un giovane che intende iniziare un’unica nuova attività con partita iva non si tratterà di una grossa agevolazione come può invece esserlo il regime applicabile fino al 31/12/2014.

Regole penalizzanti per le start-up
Il nuovo regime prevede di poter scorporare dagli incassi un ammontare di costi non reali, ma fissati forfettariamente dalla norma in una certa percentuale sui ricavi. Sulla differenza tra ricavi, costi forfettari e contributi previdenziali sono calcolate le tasse. Ad esempio, per i professionisti i costi forfettari sono fissati al 22% dei compensi: con ricavi 10.000, il reddito forfettario al 78% è pari a 7.800, con costi quindi al 22% pari a 2.200. Ma visto che per i primi tempi i compensi dei nuovi professionisti saranno probabilmente ridotti, le spese potrebbero pesare in realtà molto più del 22% dei ricavi; è proprio nella fase di start-up che le spese sono maggiori (acquisto di strumentazioni, attrezzature, computer). Diversamente da quanto avviene per il regime attualmente in vigore, questi investimenti potrebbero non essere neppure deducibili fiscalmente. Paradossalmente, il nuovo professionista al quale non sia rimasto un euro in tasca, avendo speso le sue poche migliaia di euro di compensi incassati per acquistare la scrivania, il computer, la stampante e qualche altro strumento, verrebbe tassato ugualmente nella misura del 15% sul 78% dei suoi incassi, al netto dei contributi previdenziali.

Imposte ridotte per almeno 5 anni invece di 3
Sarà prevista una norma di salvaguardia che permetterà agli attuali contribuenti minimi di optare per il mantenimento del regime già in essere, con tutte le regole per esso previste, se più conveniente del nuovo (salvo ripensamenti). Anche se si volesse guardare con entusiasmo alle norme del nuovo regime 2015 che prevedono un abbattimento del reddito per i primi 3 anni, occorre prendere la calcolatrice dal cassetto. Il nuovo regime prevederà l'abbattimento del reddito tassabile per un valore pari ad un terzo dello stesso per i primi 3 anni di attività. Ciò equivale a fissare per 3 anni l'aliquota al 10% anzichè al 15% (pura matematica). Il confronto va quindi fatto tra il 10% per 3 anni o il 5% per 5 anni.

Partire subito per poter accedere al "vecchio" regime dei minimi
Certo, si potrebbe obiettare che così facendo si dovrebbero sostenere fiscalmente gli oneri relativi agli ultimi giorni dell’anno relativi alla partita iva (in pratica pagare le imposte nel 2015), ma è chiaro che se non si hanno compensi o ricavi non ci sarebbe nulla da pagare. Alcune casse professionali (ad esempio Psicologi) prevedono l'obbligo ai contributi previdenziali minimi solo a decorrere dall'incasso dei primi compensi, mentre questa regola è sempre applicabile ad attività professionali sprovviste di specifiche casse professionali.
Mentre i costi di apertura sarebbero semplicemente anticipati, ma non aumentati, si dovrà sicuramente presentare la dichiarazione dei redditi nel 2015, ma in molti casi il contribuente è già tenuto a questo adempimento. Per chi è abituato a presentare il mod. 730 si tratterebbe di sostituirlo con il mod. Unico (ex mod. 740).

 Enrico Baù - Dottore Commercialista