martedì 30 maggio 2017

Locazioni non abitative: nullità della clausola che aumenta il canone



Il costante orientamento espresso dalla Corte di Cassazione ritiene che nelle locazioni adibite ad uso diverso dall’abitativo (capannoni, negozi, ecc.) ogni pattuizione avente ad oggetto non già l’aggiornamento del canone mensile in ragione delle variazioni ISTAT, ma veri e propri aumenti del canone, deve ritenersi nulla ai sensi dell’art. 79 comma 1 Legge 392/1978, in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone più elevato rispetto a quello legislativamente previsto.
Il secondo comma della citata norma consente al conduttore di agire in giudizio contro il locatore per ottenere la restituzione dei canoni versati in eccedenza in virtù di una pattuizione come sopra individuata, anche successivamente alla riconsegna dell’immobile. Secondo la Corte di Cassazione l’accettazione da parte del conduttore di aumenti del canone non dovuti non esclude il suo diritto alla restituzione di ciò che ha pagato in più.
Pertanto, deve considerarsi affetta da nullità ogni clausola volta ad attribuire al proprietario aumenti del canone in misura maggiore all’aumento ISTAT. A riprova di quanto sopra, il cosiddetto “canone a scaletta”, ossia determinato in misura crescente per frazioni di tempo nell’arco del rapporto, viene ammesso e ritenuto legittimo, purché sia ancorato ad elementi predeterminati, al fine di evitare che la suddetta clausola finisca per aggirare la norma imperativa di cui all’art. 32 legge 392/1978. (Cassazione Civile n. 8669 del 04.04.2017)