Nei contratti
conclusi mediante moduli o formulari, è valida la clausola vessatoria
sottoscritta dalla parte, anche se scarsamente leggibile, giacché è onere del
contraente debole comportarsi con diligenza e chiedere che gli venga fornito un
modulo contrattuale meglio leggibile; nel caso in cui non agisca in tal senso, questi
non può lamentare di non aver compreso la portata della clausola da lui
firmata.
Così ha deciso
la Suprema Corte, con l'ordinanza 12 febbraio 2018, n. 3307, in relazione ad un
contratto di utenza telefonica.
Con l’occasione
la Corte di Cassazione ha sottolineato quale sia la corretta modalità di
redigere le clausole vessatorie in un contratto predisposto da una parte
contrattuale (moduli prestampati).
La
giurisprudenza di legittimità in materia (Corte Cass. 15278/2015; Corte Cass. 22984/2015),
sostiene che le clausole vessatorie debbano essere indicate specificamente in
maniera idonea, con un numero o una lettera che le contraddistingua, per
suscitare l'attenzione del sottoscrittore - che dovrà poi apporre la sua firma (Corte Cass. 4452/2006). Pertanto è
sufficiente il richiamo, mediante numero o titolo, alla clausola stessa – senza
la sua trascrizione integrale – giacché in tal modo si permette al
sottoscrittore di conoscerne il contenuto (Corte Cass. 12708/2014).
Secondo
l’insegnamento dei supremi giudici, il discrimine per la validità delle forme
di specifica approvazione ex art. 1341 c.c. è il seguente: il richiamo al
numero della clausola vessatoria è sufficiente a farla conoscere al contraente,
invece, tale
non è il mero richiamo cumulativo o in blocco, a clausole
vessatorie e non, che si esaurisca nella mera indicazione del numero.
Avv. Alessio Baù