giovedì 28 giugno 2018

Carburanti: la fattura elettronica slitta al 1.1.2019


Nella serata di ieri, 27.06.2018, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge che proroga, dal 1° luglio 2018 al 1° gennaio 2019, il termine di entrata in vigore degli obblighi di fatturazione elettronica per le cessioni di carburante.


Il citato rinvio degli obblighi di fatturazione elettronica non dovrebbe far venir meno la possibilità, per i distributori che si siano attrezzati tecnologicamente, di emettere fattura elettronica su base facoltativa o su richiesta del cliente.


Per chi non intendesse gestire gli acquisti con la fattura elettronica, però, continuerà ad essere ammesso l’utilizzo della scheda carburante fino al 31.12.2018.


Per i titolari di partita iva che intendano dedurre il costo e/o detrarre l’iva, resta ferma dal 1° luglio 2018 la necessità di effettuare il pagamento per gli acquisti di carburante utilizzando mezzi “tracciabili” quali carte di credito, carte di debito, altre carte di pagamento ovvero bonifici, assegni o l’addebito diretto su conto corrente (provv. Agenzia delle Entrate n. 73203/2018). Si renderà pertanto necessario documentare gli avvenuti pagamenti elettronici, nonostante la compilazione di una scheda carburante, che pertanto potrebbe rappresentarne un documento riepilogativo.

Enrico Baù - Dottore Commercialista

giovedì 21 giugno 2018

Parlare male sui social del proprio datore di lavoro è motivo di licenziamento


I social network sono ormai entrati prepotentemente nella vita delle persone. Le piattaforme social vengono spesso utilizzate anche per esternare opinioni e commenti in merito alla propria attività lavorativa.
Quando il linguaggio impiegato travalica i limiti della libertà di espressione, possono, ex art. 2119 cod.civ. esservi ripercussioni anche gravi sulla situazione lavorativa, fino a giungere al licenziamento.
E’ quanto ha recentemente ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10280 del 27.04.2018.
Il caso affrontato dalla Suprema Corte ha riguardato il licenziamento di una dipendente che, attraverso il canale Facebook, aveva utilizzato termini gravemente offensivi nei riguardi dell‘azienda presso la quale lavorava e del rappresentante legale della stessa.
La lavoratrice aveva giustificato la propria condotta sostenendo, tra l’altro, che si fosse trattato di un semplice sfogo in un contesto, quale quello di Facebook, in cui è usuale l’utilizzo di un linguaggio più disinibito.
I Giudici hanno invece ritenuto il licenziamento intimato da parte dell’azienda legittimo e proporzionato alla gravità dei fatti, tenuto conto del contenuto offensivo e della diffusione tra gli utenti del social network del messaggio postato dalla dipendente, circostanze che integrano gli estremi della diffamazione ex art. 595 cod.pen.
La Corte ha infatti rilevato che sussiste una ipotesi di diffamazione tutte le volte in cui, come nel caso di specie, la diffusione del messaggio dai contenuti offensivi consenta la circolazione dello stesso tra un gruppo allargato di persone e sia facilmente identificabile il destinatario delle offese (nel caso di specie l’azienda e il suo legale rappresentante), essendo a tal fine irrilevante la specificazione o meno del nominativo dei medesimi.