Nella
sentenza n. 2606 del 2 febbraio 2018 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi
di pensione di reversibilità per riconoscerne il diritto alla fruizione in capo
anche all’ex coniuge separato con addebito, in qualità di erede del coniuge
defunto titolare del trattamento previdenziale.
Il
Supremo Giudice del Lavoro ricorda, in particolare, come la questione sia stata
risolta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 286 del 28 luglio 1987,
che qualifica la pensione di reversibilità come una forma di tutela
previdenziale nella quale l’evento protetto è la morte, cioè, un fatto naturale
che, secondo una presunzione legislativa, crea una situazione di bisogno per i
familiari del defunto, i quali sono i soggetti protetti.
La
Cassazione osserva che in essa non emergono elementi che autorizzino
l’interprete a ritenere che residuino differenze di trattamento per il coniuge
superstite in ragione del titolo della separazione, e che, soprattutto, in essa
non vengono indicate condizioni ulteriori, rispetto a quelle valevoli per il
coniuge separato senza addebito, ai fini della fruizione della pensione di
reversibilità.
In
forza di ciò, ad entrambe le situazioni (coniuge separato con e senza addebito)
risulta applicabile l’art. 22, Legge n. 903/1965, il quale non richiede, a
differenza che per i figli di età superiore ai diciotto anni, per i genitori
superstiti e per i fratelli e sorelle del defunto, quale presupposto per il
riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità, la vivenza a carico
e lo stato di bisogno del coniuge superstite al momento del decesso ma
unicamente l’esistenza del rapporto coniugale con il coniuge defunto pensionato.
Avv. Alessio Baù
Avv. Alessio Baù