mercoledì 31 maggio 2017

Quando è lecita la registrazione di una telefonata?



Si può procedere autonomamente alla registrazione di una telefonata senza bisogno di un'autorizzazione da parte del Giudice o della polizia. E' quanto ha stabilito la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 5259 del 01.03.2017.
Come ha confermato la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la registrazione su nastro magnetico di una conversazione telefonica può costituire fonte di prova ex art. 2712 c.c. e quindi essere prodotta in un giudizio civile a) se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti in giudizio che tale conversazione sia realmente accaduta e b) che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, c) sempre che non si tratti di conversazione svoltasi tra soggetti estranei alla causa nella quale la registrazione viene depositata (si veda Cass. civ., Sez. VI, 11 settembre 1996, n. 8219).
La medesima giurisprudenza ha chiarito che, affinché il magistrato possa dedurre argomenti di prova da una registrazione su nastro magnetico, è necessario che almeno una delle parti, tra le quali la conversazione stessa si è svolta, sia parte della causa.
Conseguentemente, la registrazione di una telefonata all'insaputa dell'interlocutore è del tutto legale e può essere utilizzata in una causa anche senza l'autorizzazione preventiva da parte del Giudice o della polizia e anche se la conversazione attenga a fatti personali e riservati, sempre che vengano osservate le condizioni di cui sopra, indicate nei punti a), b) e c).

martedì 30 maggio 2017

Locazioni non abitative: nullità della clausola che aumenta il canone



Il costante orientamento espresso dalla Corte di Cassazione ritiene che nelle locazioni adibite ad uso diverso dall’abitativo (capannoni, negozi, ecc.) ogni pattuizione avente ad oggetto non già l’aggiornamento del canone mensile in ragione delle variazioni ISTAT, ma veri e propri aumenti del canone, deve ritenersi nulla ai sensi dell’art. 79 comma 1 Legge 392/1978, in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone più elevato rispetto a quello legislativamente previsto.
Il secondo comma della citata norma consente al conduttore di agire in giudizio contro il locatore per ottenere la restituzione dei canoni versati in eccedenza in virtù di una pattuizione come sopra individuata, anche successivamente alla riconsegna dell’immobile. Secondo la Corte di Cassazione l’accettazione da parte del conduttore di aumenti del canone non dovuti non esclude il suo diritto alla restituzione di ciò che ha pagato in più.
Pertanto, deve considerarsi affetta da nullità ogni clausola volta ad attribuire al proprietario aumenti del canone in misura maggiore all’aumento ISTAT. A riprova di quanto sopra, il cosiddetto “canone a scaletta”, ossia determinato in misura crescente per frazioni di tempo nell’arco del rapporto, viene ammesso e ritenuto legittimo, purché sia ancorato ad elementi predeterminati, al fine di evitare che la suddetta clausola finisca per aggirare la norma imperativa di cui all’art. 32 legge 392/1978. (Cassazione Civile n. 8669 del 04.04.2017)